martedì 23 agosto 2011

L'orto della nonna


 
nel lontano 197... i miei genitori, entrambi nati e cresciuti a Milano, ma di origini per metà laghèe e per metà pavesi l’uno e assolutamente venete l’altra, si sono trasferiti in questo microscopico paese sul lago, dove ancora abito, dopo aver ristrutturato (con avventure che ricordano il film “La casa dei nostri sogni” del 1948, interpretato dalla formidabile coppia Cary Grant – Myrna Loy) la casa natale della mia nonna paterna. Mia sorella aveva circa un anno, io poco meno di quattro e ho subito fatto il mio "ingresso in società", iniziando a frequentare quella che ora si chiama scuola dell’infanzia  e che  - allora – si chiamava asilo infantile, dove  nei primi tempi ero considerata quasi una “bambina straniera”.  
si racconta che, per i primi due anni, forse proprio anche per la frequenza all’asilo, io fossi sempre malata, ora con la tonsillite, ora con il raffreddore, ora con la bronchite, alla faccia dell’aria pura e del clima mite che mio padre tanto aveva decantato a mia madre, dicendole – parafrasando Goethe – che questo era il paese dove “fioriscono gli ulivi”.
In effetti qui gli ulivi fioriscono, danno frutto e, chi ha un numero adeguato di piante, produce anche l’olio (verde, denso, di sapore intenso ma poco piccante, che costa, al litro, ben più di quello di note marche), ma  la nostra è la sponda del lago meno baciata dal sole, che tramonta dietro le montagne alle nostre spalle, mettendoci in ombra relativamente presto.
Ne sapeva qualcosa mia madre che penava per far prosperare i suoi fiori sul balcone e rimaneva sempre delusa di fronte alla lavanda che cresceva tisica nel nostro cortiletto poco “solivo”; ne sa qualcosa mia suocera il cui orto è sempre in ritardo rispetto ad altri, perchè molto dipende anche dall’esposizione  e dalla posizione di ciascun terreno.
Nonostante tutto però, "l’orto della nonna" produce in quantità e con varietà, grazie alla meticolosità di mio suocero e alla curiosità di mia suocera che, a fianco dei tradizionali pomodori, melanzane, porri, insalata, coste e spinaci, sedano, zucche e zucchine,.....sperimenta nuove “colture”: strane zucchine spinose, fagioli piatti arrivati da qualche valle trentina  tramite scambi di sementi con una vicina di casa, carciofi (che sono pronti quando la stagione dei carciofi è finita, ma che proprio per questo sono più graditi), piccoli spinaci “che corrono”, cioè che crescono a terra, senza fare cespo, peperoncini, che abbiamo destinato a  scopo puramente ornamentale  non sapendo se sono commestibili o meno, e veri peperoni che in pochi piantano proprio perchè il sole non è quello “mediterraneo”.
Ogni tanto la Pulce fa qualche spedizione  nell’orto con la nonna: i divertimenti più grandi sono prima di tutto - ovviamente – innaffiare anche quello che non ha bisogno di essere bagnato, e, poi, nell'ordine, cercare  le verdure giganti come  le zucchine o i cetrioli che, mimetizzati dietro le foglie o  complice il controluce, sono sfuggiti all’occhio attento della nonna e aprire i baccelli  per contare quanti fagioli  ci sono.
Al sabato mattina, quando ho un po' di tempo, anch’io faccio un giretto nell’orto, con mia suocera che mi svela i suoi traffici di sementi o i trucchi per far crescere più rigogliose le piante e poi torno in cucina con un cesto ricolmo, che prima di tutto è bello da vedere e poi è fonte di ispirazione per esperimenti, oltre che occasione per riproporre piatti della tradizione familiare come questi

POMODORI "IN TECIA"

INGREDIENTI
per la versione semplice
pomodori tondi ben maturi (almeno 1 a testa)
abbondante prezzemolo
1 spicchiodi aglio
grana grattuggiato
sale, olio, burro

per la versione "ricca"
oltre agli ingredienti prima elencati
1 scatoletta di tonno (120g)
1 cucchiaiata di capperi


PROCEDIMENTO
Tagliare i pomodori a metà, togliere i semi, salarli leggermente e disporli capovolti su un piatto o su un tagliere per liberarli del'acqua.
Tritare finemente aglio e prezzemolo e unire il grana grattuggiato, mescolando bene il tutto.
Se si vuole preparare la versone ricca, si tritano insieme al prezzemolo e all'aglio anche i capperi e il tonno.
Riprendere i pomodori, asciugarli internamente e riempire ogni "buchino" con il ripieno preparato.
Sistemare i pomodori uno accanto all'altro, in una padella bassa e ampia, senza sovrapporli, aggiungere olio e un fiocchetto di burro su ogni pomodoro, salare leggermente (il ripieno di per sè è già saporito).
Far cuocere a fuoco moderato con il coperchio per un'ora: i pomodori rilasciano ancora acqua e pian piano cuociono; alla fine, quando sono cotti, scoperchiare e far asciugare leggermente a fuoco un po' più vivace. Servire i pomodori caldi.
La versione ricca può essere un buon secondo, soprattutto se si abbonda con il tonno; la versione semplice si accompagna bene come contorno ad un arrosto o al pesce al forno.





Nota n. 1: La ricetta viene dalla mia nonna materna e quindi il nome è rimasto quello in  uso nel Veneto,dove  la "tecia" è la padella/teglia bassa e pesante.

Nota n. 2: La pioggia abbondante del mese di luglio "segnato" i pomodori, che quest'anno non sono bellissimi, mentre è stato abbondante il raccolto di zucchine e di cetrioli. Speriamo nel caldo di questi giorni per i peperoni.


domenica 14 agosto 2011

Tre giorni

Abbiamo avuto tre giorni per....
riempire gli occhi di meraviglie,


seguire gli scoiattoli,


dedicarci alla passione che ci ha fatto incontrare,

insegnare alla Pulce come è bello camminare sotto la pioggia,

ascoltare risate,

 gustare delizie,

catturare un arcobaleno,
tornare nel ... posto magico 

P.S.: le ricette, souvenir di questa vacanza formato mignon, appena sarà possibile!

sabato 6 agosto 2011

Buon compleanno!


Negli ultimi anni il 6 agosto eravamo  nel "posto magico", dove abbiamo festeggiato il secondo  e il terzo compleanno della Pulce.
Quest'anno, invece, siamo a casa e, per la prima volta, la Pulce festeggerà il suo compleanno con piccoli amici e cuginetti. Data l’età  - lui è il più grande ed ha quattro anni – non è il caso di sbizzarrirsi con dolci complicati nè di allestire, come in realtà mi piacerebbe, una merenda con sfiziose golosità. Quindi nessuna ricetta di torte o semifreddi oggi, ma una  banalissima ricetta della marmellata che ho preparato con le prugne dell’albero che cresce nel prato dietro casa e che prometteva uno splendido raccolto, in parte rovinato dalle piogge abbondanti di questa estate.



Ingredienti
  • prugne
  • zucchero
  • limone
Lavare le prugne, snocciolarle e tagliarle a pezzi mettendole in una pentola sufficientemente profonda e capiente; aggiungere, per ogni kilogrammo di frutta, 700 grammi di zucchero (massimo 800 grammi, se preferite una marmellata molto dolce) e il succo di mezzo limone. Lasciar riposare per qualche ora al fresco; io ho preparato la frutta alla sera e al mattino - praticamente all'alba, prima di andare al lavoro -  ho fatto cuocere la marmellata circa un'ora e mezza, schiumandola nella prima fase di bollitura e mescolandola spesso.Quando la marmellata è pronta, la si può passare con il frullatore a immersione per renderla più omogenea (a me però qualche pezzetto di frutta piace).
Invasare e sterilizzare secondo il metodo che si preferisce. 
A noi piace per il gusto lievemente asprigno che dà più carattere sia al pane e marmellata della merenda sia a una normalissima crostata. 





Dedicato ... alla Pulce, non solo perchè oggi è il suo compleanno e perchè questa marmellata è una delle sue preferite, ma soprattutto perchè quattro anni fa, quando sono tornata a casa dall’ospedale dopo la sua nascita, ho trovato ad attendermi un  canestro colmo di prugne e la gioia  profonda di quei giorni (ancora così vividi nella mia memoria) era così elettrizzante da non farmi sentire la stanchezza e  mi sono dedicata - tra un biberon e un “patello” da cambiare - alla mia prima marmellata da mamma. 

Il "posto magico":  dove è? prima o poi (speriamo più prima che poi, perchè vorrà dire che siamo riusciti ad andarci anche quest'anno, nonostante tutto) troverò il modo di parlarne...

Note di lavoro:  Siccome il tempo a mia disposizione è frammentato, ho terminato la cottura della marmellata quando sono uscita per andare al lavoro; alla sera, mentre preparavo la cena, ho passato la marmellata a freddo e l'ho cotta ancora una ventina di minuti perchè mi sembrava un po' liquida.

martedì 2 agosto 2011

Di necessità virtù.

 Sono, per natura, portata a programmare e continuo  a farlo, anche se l'età e l'esperienza avrrebbero dovuto insegnarmi  che difficilmente le cose vanno secondo i  nostri progetti, che non sempre quello che ci succede è frutto delle nostre scelte .
A volte il "cambio di binario" mi ha portato, magari con percorsi avventurosi, verso destinazioni impreviste, ma felici,  altre volte il cambio repentino, assolutamente imprevedibile,  è stato doloroso e difficile da accettare, come è avvenuto in questo  2011, sorto tra tanti timori, ma pieno di rosee promesse e di progetti, che sembrava ben indirizzato su una rotta sicura  e invece è naufragato miseramente prima ancora della metà, quando le rosee promesse si sono spente e sono sorte ben più grigie ombre.
E' questo veramente un anno nel quale non si possono fare programmi, di nessun tipo e con nessuna scadenza (anche il meteo ci mette del suo), nel quale devo fare di necessità virtù e imparare  a decidere sul momento, a godere delle piccole cose , "umili e silenziose" come canta  Madama Butterfly, facendo tesoro di singoli istanti, delle giornate di sole in un'estate piovosa, delle mattine limpide e dei tramonti spettacolari, degli arcobaleni che appaiono dopo i temporali.
La tendenza a programmare, comunque, è radicata in me anche in cucina e, anche qui , gli imprevisti e i cambiamenti dell'ultimo minuto hanno esiti alterni:  a volte portano a scoperte piacevoli , che diventano ricette della "mia" cucina, come è successo  con questo dolce, scelto, tra i tanti che ho voglia di preparare, per  finire la confezione di amaretti aperta per il “latte di paradiso” e per la necessità di utilizzare una confezione di panna, prossima alla scadenza.
Ma, quando voluttuosamente ho immerso la punta del dito per coccolarmi  con un po’ di panna liscia, sono stata punita per il mio peccato di gola: la panna era già acida e assolutamente inutilizzabile.
Che cosa fare dato che ormai il composto di pesche era già pronto, l’unico negozio del paese chiuso fino a metà pomeriggio e avevo promesso il dolce per una cena da amici? L’unica cosa utilizzabile in frigorifero era la ricotta e quindi ho dovuto fare anche qui di necessità virtù ed ecco quindi la  versione light per forza del 

SEMIFREDDO DI PESCHE E AMARETTI E CIOCCOLATO
(liberamente ispirato all'omonimo semifreddo 
la cui ricetta è pubblicata su "Sale e pepe" di luglio 2011)



INGREDIENTI
200 grammi di amaretti
un kilogrammo di pesche
3 dl di panna (o 300 g di ricotta)
100 grammi di zucchero
100 grammi di cioccolato fondente
un limone non trattato


 PROCEDIMENTO

Scottare le pesche in acqua bollente, sbucciarle e tagliarle a pezzetti; far cuocere le pesche con  lo zucchero, la scorza e il succo del limone per  venti minuti, a fiamma bassa. Scolarle,  tenendo da parte  il succo di cottura, e frullarle, dopo aver tolto la scorza del limone. Mentre le pesche si raffreddano, ridurre in briciole gli amaretti (con il pestacarne, con il mattarello, a pugni, con il tritatutto .....). Mescolare gli amaretti sbriciolati alle pesche, tenendone da parte un cucchiaio abbondante per guarnire. Lasciar riposare e nel frattempo montare la panna, se l’avete e soprattutto se non è scaduta o,  in alternativa, la stessa quantità di ricotta.
Ora, a questo punto, la ricetta dice di far sciogliere a bagnomaria il cioccolato fondente, ma io ho rapporti poco cordiali con lo “scioglimento” del cioccolato per cui l’ho ridotto a scagliette.
Dato che il dolce era destinato a una serata  a casa di amici, invece che assemblare il dolce come consigliato in uno stampo da plum cake, con i rischi conseguenti di non riuscire a sformarlo, ho utilizzato coppette singole (in plastica ahimè, ma non volevo creare problemi alla padrona di casa).
In ciascuna coppetta alternare uno strato di composto di pesche e del cioccolato a scaglie, fino ad esaurire il composto di pesche. Passare in freezer per qualche ora: la ricetta dice 8 per il semifreddo “monoblocco”, ne basta la metà  per le monoporzioni; tutto dipende poi da come piace il semifreddo, se più cremoso o più simile ad un gelato.
Per la salsa unire al succo delle pesche il cioccolato fuso avanzato (o se non vi è avanzato perchè non lo avete sciolto, farlo sciogliere per forza).
Al momento del dolce cospargere la superficie di ogni coppetta con un po’ degli amaretti avanzati e servire con la salsa al cioccolato.
Io ho trasportato tutto in una borsa frigorifero e, anzichè nel freezer, le coppette sono state in frigorifero le ultime  due ore, per cui il semifreddo aveva la consistenza cremosa che piace a me. 


Importante: questi imprevisti richiedono però un “accessorio” fondamentale: un marito  imparziale e critico al punto giusto, al quale far assaggiare il risultato. In caso di giudizio negativo, uscire di casa un po’ prima e passare in gelateria/pasticceria per non presentarsi a mani vuote dagli amici, soprattutto se si è promesso “il dolce lo portiamo noi”.