martedì 31 dicembre 2013

Auguri.....

Con l'augurio che il 2014 
sia colmo della bellezza delle piccole cose,
 porti in dono tenacia e speranza, 
sia illuminato da risate, 
sia sempre rischiarato dalla luce.

Claudette
 


martedì 24 dicembre 2013

Buon Natale


Nel  mio  ricordo, la mia casa paterna indossava la sua vesta natalizia fin dal giorno dell'Immacolata,  con ogni decorazione al suo posto, l'albero addobbato secondo tradizione, il presepio allestito ogni anno in modo diverso e i biscotti  che profumavano di canella ben conservati nelle scatole di latta, riposte in maniera ordinata.
Fino a metà della scorsa settimana  invece, la mia casa indossava una veste scombinata e nascondeva le mancanze dietro qualche addobbo adatto ad ingannare l'occhio meno attento, ma una brava donna di casa sarebbe inorridita nel vedere  il tavolo da pranzo trasformato in  laboratorio per un 'intera domenica mattina,

carta da pacco stesa in ogni spazio libero, in attesa di essere decorata

 cestini colmi di pigne secche che aspettavano dal mese di agosto di avere un loro ruolo
 

cartellette sparse da cui spuntavano sagome di abeti  ritagliate in ufficio, durante la pausa pranzo,

scatole di latta in perenne migrazione da e per la cucina  mentre io confezionavo, nei ritagli di tempo, i pacchetti con i biscotti di Frau

 

Poi, tra venerdì e sabato anche qui è arrivata una spruzzata di magia natalizia e le mia mani hanno iniziato a lavorare più veloci, le ore della notte si sono allungate, le idee non sono più state un affastellarsi di progetti mal combinati tra loro, ma hanno preso forma.....



i rotoli di carta sono pronti  all'uso,  insieme ai biglietti augurali


le pigne del posto magico vivono il loro momento di gloria e si dondolano davanti alla finestra



i biscotti, confezionati secondo tradizione, sono pronti per essere consegnati,

gli angeli e mille altri gingilli hanno trovato posto sulla scena 

 e la mia casa, finalmente vestita  a festa,  è  pronta ad accogliere tutti ....
 
Io vi aspetto e, se passate di qui, con i miei auguri di un Natale sereno, troverete una tazza di punch e una fetta della torta di Natale di Frau, la mia piccola sfida personale di questi preparativi


Nota a piè di pagina n. 1: la ricetta della torta la prossima volta.... adesso devo tornare in cucina. Questo post è stato un piccolo regalo  in termini di tempo che ho fatto a me stessa.






lunedì 9 dicembre 2013

S. Ambrogio.....

"Buona sera, cara  signora …è pronto l’abito da sera per la prima alla Scala?
"Certo, cara, me so fata cusire un abito da gran sera, el xe blu notte,  con scollatura e guanti al gomito.. de gran elegansa, ciò....
"E i gioielli?"
"Ah, varda, me metarò la “parure” de zafiri, seto, quea coi diamanti, che me g’aveva regalà el principe...."

No, non sono impazzita, non è delirio vano questo  …ma sabato sera mi è venuta in mente, come una fulminazione improvvisa, che mi ha lasciato sospesa tra una risatina solitaria in cucina e un groppo in gola, la telefonata tradizionale che si scambiavano tutti gli anni, la sera del 7 dicembre, mia madre e l’amatissima zia A, che – pur non essendo milanese – del santo patrono  meneghino portava il nome.
La telefonata beneaugurante in occasione dell’onomastico della zia si trasformava in una conversazione surreale, tra lei e mia madre, tutta giocata sulla comune  passione per l’opera lirica e  con la quale l'una, ormai anziana, e l'altra, madre di tre figli, continuavano - per una volta - il gioco che risaliva a tanti anni prima.
Infatti la zia A., sorella della nonna e quindi per noi, prozia, si era sposata tardi, non aveva avuto figli, ma aveva mantenuto – pur attraverso le traversie di una vita vissuta  sempre in secondo piano- quello che mia mamma chiamava uno “spirito fanciullo”. Aveva saggezza sufficiente per ridere anche di piccole cose e sapeva rendere leggero il noioso lavoro di “sarta di bianco” con scherzi e frivolezze che la rendevano simpatica alle sue lavoranti e  con i quali aveva conquistato le nipoti, che la adoravano. Le piacevano le cronache rosa, quelle  che parlavano di grandi dive del tempo che fu, di principesse più o meno tristi, di matrimoni favolosi (lei che più che quarantenne aveva sposato un vedovo con figlie già grandi), di serate fastose e festose e si divertva a scrivere alle nipoti lunghe lettere nelle quali fingeva di essere stata presente a questo o a quell’avvenimento mondano, descrivendo le toilettes delle signore, i gioielli e le acconciature, con un brio e con un’ironia nel cogliere i particolari più buffi che erano capaci di far ridere anche la mia serissima nonna, sarta rigorosa e di carattere più ombroso  che,  di solito, scuoteva la testa di fronte ai comportamenti della sorella ("To zia – diceva  - xe sensa sarveo") 

Questa invece era la mia "mise" per sabato il 7 dicembre (anche il mio cavaliere era adeguatamente agghindato)…..

 Però Traviata l’ho ascoltata anch’io – tra una teglia e l’altra di biscotti, perché come tutti gli anni, dopo mugugni e ripensamenti, le scatole di latta sono state lavate, le formine sono uscite dal loro sacchetto, le mani  hanno iniziato a lavorare da sole........

Biscotti al cocco

200 grammi di burro
200 grammi di zucchero 
300 grammi di  cocco grattugiato
200 grammi di farina bianca
2 uova 
un tuorlo e un cucchiaio di latte

Procedimento



Lavorare il burro ammorbidito con lo zucchero e, quando sono ben amalgamati, aggiungere le due uova; mescolare il cocco grattuggiato e la farina e unire a cucchiate alla crema di uova e burro, lavorando l'impasto prima con un cucchiaio e poi, quando diventa più sodo, a mano.
Sulla spianatoia infarinata stendere la pasta dello spessore di circa 3 millimetri (non più di mezzo cm) e ritagliare i biscotti con gli stampini, collocandoli sulla teglia coperta di carta forno. Spennellare con il tuorlo d'uovo stemperato con un cucchiaio di latte. Cuocere in forno preriscaldato a 180°  - 200° per una decina di minuti (devono essere belli dorati, senza bruciacchiarsi).


Nota a piè di pagina n. 1: Anche questi sono biscotti di Frau che li preparava esclusivamente di forma rotonda, come dei piccoli soli dorati; sono, se confrontati con biscotti ben più elaborati che compaiono in tanti altri blog, di una banalità sconcertante però, quando ero bambina, il sapore del cocco era così poco comune, così "esotico", così raro che questi erano i  miei biscotti preferiti che sceglievo con cura dalla scatola che Frau ci regalava.

Nota a piè di pagina n. 2: un regalo di Natale io me lo sono già fatta: non ci sono solo i biscotti per le feste.... c'è anche il patè

Nota a  piè di pagina n. 3: io però sono cresciuta con questa versione di Traviata e poi mi sono innamorata dell'orchestra di questa ....










lunedì 25 novembre 2013

Fine novembre

L'idea che avevamo in mente era di aprire il mese di novembre con gli strepitosi colori autunnali del "posto magico", in un trionfo di bacche scarlatte, di foglie gialle, di larici dorati e di vette rosate nella luce del tramonto.
L'idea è rimasta un' idea per i soliti banali contrattempi che fanno parte della vita che si svolge al di quale dello schermo, dove il buon senso spesso prevale sul sogno e si impara a fare buon viso a cattiva sorte.
Però domenica non avevamo voglia di  essere  saggi: dopo il più classico dei pranzi domenicali, abbiamo infilato gli scarponi:

 
CAVOLO ROSSO IN AGRODOLCE
(per ricordare il posto magico)

INGREDIENTI
(per due persone: la Pulce preferisce le patate al forno)

uno scalogno piccolo
mezzo cavolo rosso
un cucchiaio colmo di zucchero
mezzo bicchiere tra vino bianco e aceto di mele
sale
olio

PROCEDIMENTO

Tagliare sottile lo scalogno e farlo appassire adagio con poco olio, sale e un po' di acqua. Pulire il cavolo, eliminando il torsolo e tagliarlo a listarelle sottili. Aggiungere il cavolo allo scalogno appassito e  farlo stufare adagio, per una ventina di minuti, senza farlo attaccare ma nemmeno lessandolo.
Aggiungere lo zucchero e bagnare con il vino e l'aceto, facendo in modo che il cavolo si caramelli leggermente. Aggiustare di sale e servire come accompagnamento della carne.



Nota a piè di pagina n. 1:  a noi piace con l'arrosto di maiale perchè  ci ricorda - ovviamente  - il posto magico.

Nota a piè di pagina n. 2: l'agrodolce è uno dei sapori che il signor Darcy ignorava prima del matrimonio; adesso mangia anche le cipolline in agrodolce, che vengono dritte dritte dalla cucina della mia nonna.

Nota a piè di pagina n. 3: l'agro e il dolce possono ovviamente essere declinati secondo il proprio gusto, aumentando o diminuendo - a proprio piacere - lo zucchero e/o  l'aceto.

Nota a piè di pagina n. 4: il mese di novembre è finito (ormai lo è ....) così, ieri sera, con una "enrosadira"  casalinga




e io

venerdì 15 novembre 2013

Settimane del cavolo


Lunedì? Mi spiace, è il giorno in cui in ufficio finisco più tardi
Martedì? No, non c’è tempo, la Pulce va in piscina e si arriva a casa a telegiornale già iniziato
Mercoledì? Niente da fare, finisco tardi ancora
Giovedì? Peggio,  il signor Darcy  va in palestra ad arrampicare e arriva a telegiornale quasi finito;  non è il caso di arrischiare esperimenti mentre con un occhio controllo il risotto e con l’altra seguo i compiti della Pulce
Venerdì? Da quanto tempo non faccio il mio turno di riposo? Ormai è sempre più simile al lunedì e poi c’è la spesa da fare per cui si arriva a casa ancora tardi
Sabato?  Però al mattino almeno dare una parvenza d’ordine a questa casa che se mia madre la vedesse mi direbbe di vergognarmi… poi c’è la scuola calcio della Pulce, però  vediamo, magari per cena….
Domenica? Sì, domenica sì…

Domenica  c’è tempo per impastare,  per ascoltare musica,  per vedere che cosa c’è fuori da una finestra che di solito inquadra solo il buio,  per tritare e sminuzzare, per montare le chiare a neve e per mescolare la polenta….
Domenica scorsa c'è stato il tempo per preparare questa versione un po' imbastardita dei mondeghili, visto che di cavoli e verze avevo fatto scorta, in tutti i sensi

Ingredienti
300 grammi di carne trita mista
100 grammi di mortadella
3 cucchiai abbbondanti di grana grattuggiato
1 uovo grosso
1 spicchio di aglio
foglie di verza
circa una spanna di salsiccia (!)
mezza cipolla piccola
sale

Procedimento

Mescolare la cane trita con la mortadella tritata finemente, il grana, lo spicchio di aglio tritato e l'uovo ; aggiustare di sale (eventualmente si può unire anche della salsiccia). Affettare finemente la cipolla e farla rosolare in una padella con olio  e aggiungere poi la salsiccia sgranata e cuocere per una decina di minuti. Sbollentare le foglie di verza alle quali va tolta la parte finale più dura della nervatura; asciugare le foglie tamponandole. Formare delle polpette non troppo grosse e avvolgerle nelle foglie di verza legandole a pacchettino con lo spago da cucina. Mettere le polpette nella padella con la cipolla e la salsiccia e far cuocere bagnandole con un po' di vino bianco e poi con un po' di brodo per una ventina di minuti. Servire i quasi "mondeghili" caldi con la polenta.


Nota a piè di pagina n. 1: perchè versione imbastardita? perchè ci vorrebbe la mortadella di fegato (che a me non piace molto), perchè le polpette dovrebbero essere di forma allungata, perchè le polpette - prima di essere avvolte nella verza - dovrebbero essere fritte (ma io alleggerisco), perchè le foglie dovrebbero essere fissate con uno stuzzicandenti (ma a me il  fiocchetto sembra più vezzoso), perchè nessuno dice di cuocerle praticamente stufate con la cipolla e la salsiccia....

Nota a piè di pagina n. 2: premesso quanto sopra, mio padre critica la mia versione e soprattutto l'intingolo che a - detta sua - è un po' troppo "borlanda"..


Nota a piè di pagina n. 3: Se non piovesse sempre ci sarebbe anche il tempo magari per fare una passeggiata nel bosco… però se nel pomeriggio piove c’è tempo per stirare. Se domenica fosse di 48 ore forse ci sarebbe anche il tempo per ricamare, leggere in orari non da pipistrello, telefonare alla mia amica A....

 Nota a piè di pagina n. 4: e per questa domenica che arriva altre idee a lunga cottura....

giovedì 31 ottobre 2013

Muffin e intagli


Zucche nell’orto, quest’anno, poco o niente.
Di tutti i semi piantati dalla Pulce e da me e poi trapiantati dalla nonna, nessuno ha dato i frutti sperati: non i semi della dolcissima zucca piacentina che mi aveva procurato mia sorella l’anno scorso, non i semi della bustina di zucchette ornamentali cdel mio uovo di Pasqua, non quelli dai quali avrebbero dovuto nascere zucche giganti da intagliare e neppure quelli a risultato garantito del vicino di casa.
Ma io, che sono zuccona per natura, alla zucca non ho rinunciato, e l'ho comprata..... non l’ho intagliata per una mostruosa lanterna di Halloween però, ma l’ho trasformata in parte in una crema vellutata   e quello che è avanzato ha insaporito un’infornata di profumatissimi muffin salati che sono perfetti per un aperitivo (magari caldi e con una fettina di speck) o, per un solitario pasto in ufficio o come spuntino mentre ci si dedica a lavori di intaglio.....

INGREDIENTI
(per una dozzina di muffin... più o meno)

250 grammi di polpa di zucca
340 grammi di farina
3 uova
100 grammi di speck
2 scalogni (o uno scalogno e un pezzettino di porro)
un bicchiere di latte
mezzo bicchiere di olio
80 grammi di grana
1 bustina di lievito per torte salate
Sale

 PROCEDIMENTO
Rosolare il porro e lo scalogno tagliati sottilmente; unire la zucca tagliata a cubetti e cuocere fino a che la zucca è ammorbidita senza farla spappolare
In una terrina mescolare uova, latte e olio, unire il grana, lo speck tagliato a striscioline e il preparato di zucca; in un’altra terrina mescolare la farina, il lievito e il sale.
Versare il composto liquido nella terrina con la miscela di farina e lievito, mescolare rapidamente  per amalgamare, unendo eventualmente un po’ di latte se l’impasto  risulta troppo asciutto.
Versare negli stampini per i muffin imburrati e infarinati (o “rivestiti” con i pirottini colorati), e cuocere in forno a 180° - 200 gradi fino a che la cupoletta dei muffin è bella dorata e l’interno è asciutto.
  
Nota a piè di pagina n. 1:
Il lavoro di intaglio a cui mi sono dedicata non era la zucca, ma questo, che  ho imparato - con grande divertimento della Pulce -  a casa di Eli, per l'ora del tè

martedì 15 ottobre 2013

Come una mela renetta

Avete in mente la scena del film “Ragione e sentimento” in cui le sorelle Dashwood, durante il ballo londinese, entrano nella saletta in cui si trovano Willoughby  e la sua  ricchissima fidanzata la quale, girando appena la testa, le squadra dall’alto in basso, ne giudica con una sola occhiata gelida l’abito da sera e le definisce sprezzantemente conoscenze campagnole di Willoughby ?
Ecco, ci sono  persone il cui sguardo mi fa sentire subito fuori posto: la gonna  che mi sembrava così elegante è all’improvviso troppo stretta o troppo corta, con il vestitino blu a pois bianchi che mi era parso così grazioso e adatto un battesimo con rinfresco in giardino mi sento troppo formale in mezzo a tutti gli invitati in jeans, l’abito di maglia acquistato perché sicura che  scivolasse senza sottolineare, di colpo mi pare evidenzi il rotolino malandrino, gli orecchini scelti con cura al mattino mi sembrano insignificanti o, viceversa, le calze colorate che spezzano la monotonia del nero, troppo vistose.
In mezzo alle mamme perfettamente abbigliate, truccate  e ingioiellate che salutano i loro pargoli mentre io do una bacio alla Pulce nell’atrio della scuola mi sento l’impiegata trascurata e trafelata, di fronte al Principe sono la sorella campagnola, chiaramente fuori moda; quando, al lavoro, entro nell’ufficio personale, l'occhiata della mia collega che ha sempre l'accessorio giusto mi fa subito pensare che, perlomeno , ci sia una smagliatura nella calza nera….
Mi sento la mela renetta, un po' asimmetrica,  con la buccia ruvida e  di un colore indefinito in mezzo al cesto di  mele rosse perfette, lucide e lisce.
Però le mele renette sono quelle giuste  per questa torta, quelle rosse no invece, non vanno bene  perchè non si cuociono ….

Torta di mele per donne imperfette


Ingredienti

500 grammi di mele renette (3 piccole)
220 grammi di farina
3 uova
120 grammi di zucchero
100 grammi di burro
1 bustina di lievito in polvere
mezzo bicchiere di rum
latte q.b.
una manciatina di pinoli
cannella in polvere
zucchero a velo


Procedimento

Sbucciare le mele, tagliarle a fettine sottili e bagnarle con mezzo bicchiere di rum, lasciandole  macerare per un'oretta  in una ciotola.  In una terrina ampia sbattere i tuorli con lo zucchero fino a che sono belli chiari, aggiungere il burro fuso tipeido e poi, a cucchiaiate,  la farina setacciata con il lievito, mescolando bene; se è troppo asciutto, ammorbidire l'impasto con un po' di latte. Incorporare  le mele, il rum in cui sono state a macerare, da ultimo, senza smontarli, gli albumi montati a neve e un bel pizzico di cannella. Amalgamare e versare in una tortiera rotonda (24 cm di diametro) imburrata e spolverizzata di pan grattato. Cospargere la superficie con i pinoli.
Cuocere in forno a 180° - 200°  per tre quarti d'ora  facendo comunque la solita "prova stecchino" (che deve uscire asciutto).
Servire la torta fredda e cosparsa di zucchero a velo



Nota a piè di pagina n. 1: se siete di corsa come me, va bene lasciar  macerare le mele  anche solo il tempo  necessario per la preparazione dell'impasto; la torta sarà meno profumata, ma è buona ugualmente

Nota a piè di pagina n. 2: non parliamo poi di quando mi trovo con mia cognata (la moglie del Principe) che, oltrettutto dalla sua, ha anche l'età ......

Nota a piè di pagina n. 3: il rimedio? tailleur nero d'ordinanza e un lavoro che mi porta a stare soprattutto dietro le quinte .... ma ogni tanto le calze colorate, che piacciono al signor Darcy, che divertono la Pulce e che lasciano perplessi  i miei colleghi, le metto lo stesso.......

giovedì 3 ottobre 2013

Io non mangio da solo, nemmeno la polenta



Racconta mio padre - e ormai è uno di quei racconti che sappiamo a memoria  - che ai tempi della sua infanzia, nella casa della zia M.,  qui sul lago, dove lui, bambino di città, trascorreva lunghissime vancanze nell'immdiato dopoguerra, il pasto serale, soprattutto nei mesi estivi, non vedeva la famiglia riunita intorno al tavolo: l'usanza diffusa  era infatti che la donna di casa, la "regiura",  preparasse solo il primo piatto - minestra di riso e prezzemolo o di verdura, pan trito o pan cotto - senza nemmeno apparecchiare la tavola; si limitava a disporre su un angolo del tavolo tante scodelle quanti erano i commensali adulti. Ognuno, terminate le proprie incombenze nell'orto, nei campi o nella stalla,  si serviva da solo e  consumava poi la propria tazza di minestra dove preferiva. Per il secondo piatto ognuno si arrangiava, andando a cercare in dispensa la polenta avanzata dal mezzogiorno,  un pezzetto di formaggio o preparando un'insalata con la verdura appena raccolta nell'orto.
Ma c'erano anche piatti  di fronte ai quali nessuno mangiava da solo, come   la "polenta uncia" , ricchissima di formaggio e burro fuso spumeggiante insaporito dall'aglio, servita caldissima  in una  grande marmitta, posta al centro del tavolo, un vero piatto della festa sia per l'abbondanza del condimento sia per il tempo di preparazione o come la sua versione povera e veloce, la "paniscia" , piatto unico per le prime serate d'autunno, da mangiare a tavola perchè richiede piatto fondo e tazza, e il cui nome sembra  fatto apposta per trarre in inganno,  perchè non ha nulla a che vedere con la fastosa omonima novarese.
E allora, ecco la ricetta semplicissima di un piatto senza pretese, ormai quasi dimenticato, ripescato nel bagaglio della memoria e della tradizione,  che ha come protagonista il mais, uno dei cereali proposti da Virginia per la  seconda "infornata" di ricette per il progetto Mondo Mlal,  un cereale povero, ma con un colore così solare che da solo mette allegria; un cereale che una volta parlava di miseria, ma che è ingrediente fondamentale per quella polenta che oggi  - come altri piatti della tradizione - è uno dei più classici pretesti  per trovarsi intorno a un tavolo e non mangiare da soli.

  
La paniscia (del lago!)

 Ingredienti
farina di mais
acqua
sale
formaggio tipo latteria
una piccola noce di burro per ogni commensale
una tazza di latte freddo (o a temperatura ambiente) per ogni commensale 


Procedimento

Preparare una polentina morbida, della consistenza più o meno del semolino.
Versare per ogni commensale la polenta nel piatto fondo, aggiungendo il formaggio tagliato a dadini e il burro in modo che si sciolgano con il calore della polenta.
Mangiare caldo prendendo insieme il latte e una cucchiaiata di polenta con il formaggio.


Nota a piè di pagina n. 1: è un piatto abbastanza "rozzo" che lasciava un po' perplessa mia madre, per via di quegli occhi di grasso che si formano sul latte quando vi si immerge il cucchiaio con  la polenta e il burro....

Nota a piè di pagina n.2: il formaggio che serve per la polenta uncia , cavallo di battaglia di mia suocera  per le feste di famiglia - io non mi ci sono mai cimentata - e per la paniscia sarebbe quello che qui viene chiamato, con una contraddizione in termini, "formaggio magro", una sorta di latteria, più basso e gommoso, di colore più dorato e dal sapore più deciso.
Nota a piè di pagina n. 3: da ragazza, a volte mi chiamavano "paniscetta"... Un complimento? no di certo:  era un chiaro invito a  essere meno .... molle e indecisa, un po' più determinata


mercoledì 11 settembre 2013

Tutto pronto?

"Vai, sorridi amore, vai!
Vai, negli occhi gli occhi miei.
Vai, con questa canzonetta
metti il cuore in bicicletta
e il mondo aspetta il tuo sorriso, vai!"

Roberto Benigni 


E' tutto pronto: il grembiule azzurro, i quaderni con la copertina colorata, i pennarelli e pastelli di ogni sfumatura di  colore, l'astuccio e lo zaino che mi sembra impossibile vedergli sulle spalle.
La Pulce è un veterano, ormai:  due anni e qualche mese di nido e tre anni intensi di scuola materna...ma domani inizia per lui - e per me - la  nuova avventura della scuola primaria.
Sei pronto Pulce? 
Non lo so, ma vai, cammina, cadi, rialzati e riparti.....


Pane con l'uvetta

 Ingredienti

200 grammi di farina bianca
150 grammi di farina integrale
1 bicchiere di latte
3 cucchiai di zucchero
mezza bustina di lievito di birra secco
150 grammi di uvetta (me se è di più non è un male)


Procedimento
 
Setacciare le farine con il lievito e lo zucchero in una ciotola; creare un incavo al centro e versare il latte appena tiepido; mescolare e lavorare fino ad ottenere un impasto morbido, ma non appiccicoso. Lasciar lievitare coperto per un'ora e mezza. Quando la pasta è - pù o meno - raddoppiata, sgonfiarla   e aggiungere le uvette ammollate, sciacquate e infarinate, impastando ancora per una decina di minuti. Lasciar riposare ancora per un paio d'ore.
Dividere l'impasto in quattro parti,   formare delle piccole pagnotte e spennellarle con un po' di latte .
Infornare a 220° per circa tre quarti d'ora o comunque fino a che la superficie è bruna e le pagnotte "suonano sorde".



Buona scuola a tutti!



Nota a piè di pagina n. 1: credete che questa sia la merenda della Pulce? no, vi sbagliate, questa è la mia. Quella della Pulce sarà un capitolo a parte di questa avventura, tutto da scoprire....

Nota a piè di pagina n. 2: per rendere la merenda più ricca si può aggiungere un uovo all'impasto, ma io preferisco la versione base, che ha "sapore d'infanzia". E la vostra merenda preferita ai tempi della scuola elementare quale era?


domenica 25 agosto 2013

la misura dell'estate

Quando finisce l'estate?
Secondo il calendario manca ancora quasi un mese, ma stasera sera mia sorella svuoterà la mansarda del nonno e ripartirà con armi, bagagli, gatti, marito e tre figli,   il signor Darcy rimetterà il badge nel portafogli e archivierà bermuda e pantaloni da trekking  per un più sobrio abbigliamento da ufficio, mentre io - che il  badge dalla borsa non lo tolgo mai - inizierò a pensare alle... decorazioni natalizie.
Quanto è durata quest'estate?
Per i miei nipoti un'eternità, un'estate così lunga che sono stanchi dei pomeriggi al lago e desiderano tornare a casa.
Per me è trascorsa in un soffio, sparita in un attimo: luglio si è srotolato veloce tra un  impegno di lavoro e un altro, agosto si è frammentato tra i pochi giorni di vacanza nel posto magico, le giornate in ufficio, con il deserto intorno, dedicate a mettere mano a quello che durante il resto dell'anno rimane in secondo piano, e gli sporadici giorni di ferie, agguantati all'ultimo momento.
E' stata un'estate durante la quale cercare di dimenticare - almeno per qualche momento -  le tensioni lavorative e di  vedere le cose nella giusta prospettiva; un'estate in cui capire quali  pedine muovere sulla disordinata scacchiera che è diventata il mio ufficio.
E' stata un'estate di treni in transito, su cui mi sono arrovellata se salire o meno, e che poi ho lasciato passare, salutando gli altri viaggiatori affacciati al finestrino.
E' stata l'estate in cui il mio desiderio più grande - che è rimasto un sogno - è stato non avere termini nè scadenze, potermi sedere sul terrazzo con il ricamo in mano, scegliendo di smettere non perchè me lo dice l'orologio, ma semplicemente  perchè non ho più voglia di fili colorati e crocette.
E' stata l'estate di una nuova nipotina e di bambini  che sono cresciuti di colpo, mentre io non riesco più a ricamare con le lenti a contatto.
E' stata anche l'estate di un fine settimana al mare capitato per caso, dei sei anni della Pulce e della caccia al tesoro, l'estate dei picnic al lago, delle bici finalmente senza rotelle, dei musi lunghi di chi vuole arrivare sempre primo, delle lacrime di chi arriva ultimo e con un ginocchio sbucciato, l'ultima estate senza compiti delle vacanze, delle escursioni in cui la Pulce trionfante ha staccato tutti in salita, l'estate in cui  sono tornata sui sentieri percorsi più di quindici anni fa e  in cui ho provato di nuovo il brivido dei piedi immersi in un gelido torrente  di montagna,  l'estate di Achille, il nuovo arrivato, che si acciambella pigro nella sua cesta; è stata l'estate delle ricette corteggiate e accantonate per mancanza di tempo, di piatti improvvisati, di cene promesse e rimandate.
Ma, per farmi perdonare e per allungare ancora un po', prima dei temporali che si stanno annunciando a colpi di grancassa, questo scampolo di agosto con il cielo così terso da sembrare dipinto, l'altro giorno ho impastatato per tutto il pomeriggio, per mantenere fede alla tradizione della serata "pizza, piade e gnocco fritto".

GNOCCO FRITTO

INGREDIENTI 
(metà della ricetta originale che parte da 1 kg di farina)

500 grammi di farina bianca
250 grammi di acqua frizzante
2 cucchiai di olio
10 grammi di sale
3,5 grammi di lievito di birra secco (mezza bustina) 
oppure mezzo cubetto di lievito di birra fresco
1 pizzico di zucchero
olio o strutto per friggere

PROCEDIMENTO
In una ciotolina sciogliere il lievito in un po' d'acqua non fredda con lo zucchero e aspettare che formi la solita schiuma in superficie. Versare la farina in una ciotola ampia (io non sono brava a fare la fontana sulla spianatoia), creare un incavo al centro e versare il lievito attivato e  l'acqua frizzante e impastare; aggiungere l'olio e il sale, amalgamando bene. Lasciar riposare l'impasto per un'ora e mezza, coperto.
Quando la pasta è raddoppiata di volume, sgonfiarla e stenderla con il mattarello fino ad uno spessore di circa 3 mm. Tagliare delle strisce larghe 8-10 centimetri (a occhio!) e dividerle in losanghe di 10-12 centimetri (sempre a occhio).
Far scaldare l'olio o  lo strutto - come vorrebbe la tradizione (!!)  e friggere (!!) poche losanghe per volta, che si gonfiano in cottura, fino a che sono dorate.
Far asciugare su carta da cucina e servire caldo, accompagnato da prosciutto crudo, salame o mortadella .
 


Nota a piè di pagina n. 1: e sì, qualche volta friggo, con le finestre aperte e un pentolino in cui bolle una mistura di acqua, scorza d'arancia, cannella, chiodo di garofano....

Nota a piè di pagina n. 2 la ricetta fa parte ormai del ricettario di famigilia ed era stata dettata a mia madre da una signora emiliana sua compagna di sventura in uno degli ultimi ricoveri in ospedale.

Nota a piè di pagina n. 3: la ricetta delle piade (dettata dalla proprietaria dell'albergo sulla riviera romagnola in cui abbiamo trascorso più di una vacanza da bambini) un'altra volta.

Nota a piè di pagina n. 4: forse, prima che alle decorazioni natalizie, sarà meglio che io pensi ad etichettare tutto il materiale scolastico della Pulce...










mercoledì 14 agosto 2013

Vacanze d'agosto





L'Erba ha così poco da fare -
Una Sfera di semplice Verde -
Con solo Farfalle da covare
E Api da intrattenere 
 -E agitarsi tutto il giorno alle amabili Melodie
Che le Brezze portano con sé -
E tenere la Luce del Sole in grembo
E inchinarsi ad ogni cosa -
E infilare Gocce di Rugiada, tutta le notte, come Perle -
E farsi così fine
Che una Duchessa sarebbe troppo comune
Per degnarla di uno sguardo -
E anche quando muore - trapassare
In Odori così divini -
Come Umili spezie, che giacciono nel sonno -
O Nardi indiani, morenti -
E poi, in Sovrani Fienili dimorare -
E sognare i Giorni lontani,
L'Erba ha così poco da fare
Che vorrei essere Fieno -

Emily Dickinson 


Buon Ferragosto 
(se è una festa che vi piace....)
 






domenica 28 luglio 2013

Provenza casalinga




 Fino all’anno scorso, la domanda di mio marito, in questo periodo, era sempre la stessa: "Che cosa vuoi fare della lavanda, quest'anno" ? E sempre la stessa era la mia risposta “La tagli, la leghi a mazzi, li avvolgi nella carta e li appendiamo alla trave in solaio ad essiccare e poi... poi quando avrò tempo, la sgranerò e la metterò nei sacchettini per la biancheria.....”
Ogni anno, nessun commento al mio ordine, ma un sorrisino ironico  e un’occhiata sbieca da parte dell’obbediente marito, perchè, una volta essiccata la lavanda, io mi sono sempre dimenticata  di sgranarla e –  non ridete ! - è sempre toccato a lui farlo, pur di liberare il solaio dai mazzetti penzolanti. Messa di fronte al fatto compiuto della lavanda sgranata, non mi sono invece mai sottratta al compito di riempire i sacchettini: alcuni ricamati che risalgono ai tempi antichi, altri confezionati utilizzando imparaticci e primi esperimenti di ricamo, altri ancora cuciti da mia madre usando la stoffa delle fasce da neonato dei tempi che furono.
Ma quest’anno non ci saranno mazzi di lavanda appesi in solaio, nè spighe profumate da sgranare perchè un vento impetuoso, lo scorso febbraio,  ha sradicato il rigoglioso cespuglio, animato in estate dal costante brusio delle api, che era la versione casalinga e mignon dei meravigliosi  campi di lavanda della Drôme provenzale, tra i quali abbiamo navigato nel torrido inizio del luglio  2006, ospiti di  Madame DD.
Madame,  amica di famiglia, insegnante di italiano, appassionata  lettrice delle avventure del Commissario Montalbano, innamorata dell'Italia dove ogni anno si concede, con il marito, un paio di viaggi alla scoperta di tesori spesso sconosciuti ai turisti,  nonchè fortunata padrona di una splendida villa nella campagna provenzale  - una di quelle ville in pietra chiara, con  persiane azzurre,  pergolato ombreggiato e fresco sotto cui pranzare -  non vince però medaglie come cuoca, privilegiando piatti semplici  che le consentono di avere a tavola, senza  troppo spadellare,  la numerosa schiera di figli e nipoti, dei quali lei stessa dice di aver quasi perso il conto o gli amici, compresi quelli in arrivo dall'Italia, che la trovano sempre disponibile ed ospitale.
In compenso Madame aveva  regalato a mia madre un libro di cucina, che io, giovane sposa al momento del regalo, ho requisito, prima per il piacere di guardare le immagini, e, poi,  alla ricerca di idee nuove, come questa:

TORTA SALATA ALLE MELANZANE E AI POMODORI
(di seguito la mia versioneovviamente alleggerita rispetto a  quella originale, che riporto più sotto)

 Ingredienti

per la pasta
250 grammi di farina bianca
80 grammi di ricotta
60 grammi di burro
acqua ghiacciata
sale

per il ripieno di melanzane
2 melanzane rotonde
(ma come vedete dalle immagini, se ne avete anche di altro tipo, vanno bene lo stesso,
basta che siano "polpose")
2 di spicchi d'aglio
2 cucchiai di olio
qualche rametto di timo o di origano
1 uovo
2 cucchiai di grana grattuggiato
250 grammi di ricotta (circa)
sale

per i pomodori
una ventina  di ciliegini abbastanza grossi
timo e/o origano
uno o due  spicchio di aglio
2 cucchiai di olio

Procedimento

Preparare la pasta secondo la ricetta della pasta brisè: questa è ovviamente un po' più magra e l'involucro della torta salata sarà  un po' meno friabile e un po' più gommoso.
Mentre la pasta riposa (se avete tempo di lasciarla riposare, altrimenti organizzate il lavoro come meglio vi pare), lavare le melanzane, togliere il "cappellino" e tagliarle a metà nel senso della lunghezza.Spennellare con un po' di olio la superficie di ciascuna metà melanzana ed inciderla  in modo da formare una griglia a losanghe, inserire i rametti di timo e di origano  e l'aglio tagliato a fettine (procedimento più rapido di quello previsto dalla ricetta e ispirato da Sabrine). Mettere le mezze melanzane in una pirofila rivestita di carta da forno con un cucchiaio di acqua e infornare a 200° fino a che non saranno diventate morbide.
In una ciotolina mescolare un paio di cucchiai di olio, sale e lo spicchio d'aglio tagliato a fettine; lavare e tagliare a metà i pomodorini, disporli in una piccola pirofila con la polpa verso il basso, condirli con l'olio e l'aglio preparati prima, sale e le erbe aromatiche e metterli in forno, dove già stanno cuocendo le melanzane, per una mezz'ora, facendo attenzione che non si brucino.
Quando le melanzane sono morbide, eliminare i rametti di timo, l'aglio e sbucciarle e passare la polpa con il triatatutto fino ad ottenere una purea omogenea. Se la polpa risulta troppo bagnata la si può eventualemnte far asciugare un po'  con un rapido passaggio in padella. Quando la purea di melanzana è raffreddata unire la ricotta , l'uovo, un paio di cucchiai di grana e aggiustare eventualmente di sale.

Stendere la pasta e rivestire la teglia (di solito io ne uso una quadrata) spennellata di olio e cosparsa di pane grattuggiato. Versare nel "guscio"  il ripieno di melanzana , livellarlo bene e riepiegare i bordi della pasta e informare a 200° per un buon tre quarti d'ora o comunque fino a che i bordi della torta sono ben coloriti.
Infilzare i  mezzi pomodorini con uno stuzzicadenti e disporli ordinatamente sulla torta. Tagliare a riquadri e servire tiepida.



 Ecco cosa prevede la ricetta originale:
- pasta brisè con 175 grammi di farina, 75 grammi di burro, 1 tuorlo d'uovo ed insaporita con  60 grammi di gruviera grattuggiato,  mezzo cucchiaino da caffè  di paprika doce (sconosciuta nella mia cucina) e  mezzo cucchiaino da caffè di senape (che mio marito non ama); il guscio  di pasta viene cotto in bianco
-ripieno di melanzane:  niente ricotta, ma  3 uova (!), mezzo cucchiaino da caffè di paprika dolce,  e mezzo cucchiaio di origano secco; le melanzane  devono esser bucherellate con una forchetta e fatte cuocere prima in forno per 45 minuti e poi, tagliate in pezzi, nel microonde per una decina di minuti (strumento irreperibile nella mia cucina low-tech). Tutti gli altri ingredienti o (aglio, paprika etc) sono frullati nel ripieno.
-  pomodori: cottura in forno per 2 ore a 160° (francamente mi sembrano un po' troppe!!)


Nota a piè di pagina n. 1 : Il libro è "Délicieuses tartes sucrées et salées" di Maxine Clark, lo stesso da cui viene quest'altra torta salata.

Nota a piè di pagina n. 2: perchè 250 grammi di farina contro i 175 della ricetta? perchè è la dose giusta per la mia tortiera quadrata . Perchè 250 grammi circa di ricotta? perchè ho trovato una ricotta non troppo bagnata  venduta in confezioni "a peso" tra i 300 e i 350 grammi. Quindi la ricotta che avanza dalla preparazione della pasta, finisce nel ripieno.

Nota a piè di pagina n. 3: Ora, lo so he una una ricetta così fa spavento in questi giorni di temperature torride che a me ricordano proprio quelle dell'inizio luglio 2006  (la villa di Madame però è corredata di piscina...), ma, in realtà, la torta è stata infornata la scorsa settimana, quando accendere il forno anche dopo l'alba era cosa possibile.

Nota a piè di pagina n. 4:  la piccola piantina di lavanda che ho comprato, ha prodotto qualche spighettina rachitica, insufficiente sia per i sacchettini profumati, sia per sperimentare un paio di ricette che mi incuriosiscono, lette  qui e qui da Michela, la quale  a sua volta ha preso ispirazione da Sabrine (qui e qui ). E tanto più curiosa perchè anni fa una carissima amica mi ha portato proprio dalle sue vacanze provenzali un miele alla lavanda che non sono riuscita a usare in nessun modo perchè mi sembrava di avere in bocca una scaglia di una saponetta  profumata ....